Marco Franchin, 44 anni, sposato, laureato in Scienze Politiche in indirizzo internazionale, da anni opera e lavora nel campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. Attualmente è responsabile di MaTech, il dipartimento sui nuovi materiali del Parco Scientifico e Tecnologico Galileo di Padova.
Come nasce l’idea de La città invisibile?
L’idea de “La città invisibile” nasce dalla constatazione che la “città visibile”, cioè l’insieme degli enti e delle istituzioni che amministrano il nostro territorio (enti territoriali; autonomie funzionali, associazioni di categoria, ecc.) fatica a fornire risposte alle necessità e ai problemi locali. Inoltre la Città Invisibile è il prodotto della consapevolezza dell’esistenza di una articolata rete di istituzioni private che, grazie al loro bagaglio di esperienza e competenze, da anni operano nel nostro territorio in campo sociale e ambientale, svolgendo un ruolo prezioso e troppo spesso silenzioso.
A questa rete di soggetti e istituzioni, che noi chiamiamo “città invisibile”, intendiamo dare maggiore peso e visibilità, perché riteniamo che, per gestire la complessità che i tempi attuali ci impongono, con la disponibilità sempre più scarsa di risorse pubbliche, l’unica risposta sia definire e sperimentare modelli alternativi di gestione della comunità locale ampliando gli ambiti di cooperazione pubblico-privata.
Che obiettivi si pone?
“La città invisibile” mira a elaborare nuovi modi per migliorare la qualità della vita della popolazione di una determinata comunità locale, valorizzando le soluzioni che la rete sociale ha contribuito a individuare e dando evidenza alle istanze che provengono dai cittadini, fornendo valide risposte ai loro bisogni e aspirazioni, con soluzioni innovative e sostenibili che tengano conto delle risorse disponibili. In altre parole, “La città invisibile” intende elaborare un modello di sviluppo e gestione del territorio, che si possa innestare e possa condizionare il modello tradizionale di governance locale.
Quali sono i principi ispiratori?
I principi ispiratori sono la sussidiarietà e la sostenibilità. Per sussidiarietà intendiamo il principio secondo il quale le risposte ai bisogni dei cittadini e della comunità devono venire principalmente dalle istituzioni pubbliche più vicine ad essi ma anche dagli stessi cittadini, organizzati in forma associata e volontaristica.
In altre parole la sussidiarietà è quel principio che attribuisce le responsabilità pubbliche alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati, fino a coinvolgere direttamente i cittadini stessi.
La sostenibilità non si riferisce solamente agli aspetti ambientali ma anche a quelli sociali, economici e istituzionali; senza porre al centro dell’attenzione questo nuovo modo di considerare e gestire il territorio, pensiamo che non sia più attuabile un’azione amministrativa locale in grado di impattare in modo positivo e duraturo sulla comunità di persone che vi abitano.
Noi riteniamo che la sussidiarietà e la sostenibilità debbano diventare i principi ispiratori intorno al quale l’amministrazione comunale progetta e attua la propria azione politica.
Quanti progetti contate di ricevere dalle vostre reti?
Domanda difficile: il numero è sicuramente un indicatore rilevante, ma è importante anche la qualità dei contributi. Diciamo che sarei soddisfatto se ricevessimo una trentina di proposte, di cui almeno dieci di buona qualità.
Leggendo il progetto si ha come l’impressione che ci sia sempre stata la necessità di un’idea del genere.
Secondo te come mai?
Perché, come ho detto precedentemente, da anni ormai le istituzioni che ci governano, “la città visibile” appunto, stanno dimostrando di non essere più in grado di dare risposte autorevoli e tempestive alle necessità e ai problemi sempre più complessi che ci impone la contemporaneità.
Tutti noi cittadini stiamo sperimentando questo e lo viviamo quotidianamente sulla nostra pelle. Non voglio assolutamente dire, come afferma la cosiddetta Antipolitica, che dobbiamo sbarazzarci di questi enti e istituzioni, tutt’altro. Il ruolo che svolgono è insostituibile; sto dicendo che dobbiamo affiancare a queste istituzioni, che faticano ad adattarsi ai cambiamenti sociali ed economici della nostra società, una tipologia diversa di competenze ed esperienze, per definire un nuovo modello di governance che sia più efficace ed efficiente nel dare risposte alle istanze di una determinata comunità locale.