Io sono il Nordest, Voci di scrittrici per raccontare un territorio
Io sono il Nordest, Voci di scrittrici per raccontare un territorio è il titolo del libro curato da Francesca Visentin per Apogeo Editore che raccoglie le voci di 18 autrici per raccontare le donne del Nordest e le loro storie.
Qui su Love & Culture – Greenpink Magazine abbiamo iniziato un viaggio insieme alle autrici di Io sono il Nordest con un’intervista multipla ad alcune delle protagoniste di questa interessantissima raccolta.
Dopo l’intervista a Isabella Bossi Fedrigotti e a Barbara Codogno vi proponiamo oggi un’intervista alla scrittrice Antonia Arslan, autrice del bestseller La masseria delle allodole.
Intervista ad Antonia Arslan
Qual è stata la sua prima reazione quando le hanno proposto di collaborare aIo sono il Nordest?
Era l’estate dell’anno scorso. L’idea mi piacque subito, i tempi di consegna un po’ meno! Confidavo in Francesca Visentin, che conoscevo e apprezzavo, perché l’antologia avesse un senso, avesse una fisionomia complessiva compatta – come poi è effettivamente accaduto.
Nel sottotitolo della raccolta si parla del Nordest come di un luogo diviso “fra crisi e rinascita”: che ruolo hanno le donne in questa situazione?
Un ruolo – mi sembra – molto interessante, che apre ampie possibilità. La severa crisi degli ultimi anni ha inciso con durezza sul Nordest (soprattutto sul Veneto, che non è a statuto speciale). Imprese hanno chiuso, gente ha perso il lavoro, piccoli imprenditori si sono suicidati, un generale senso di precarietà si è diffuso, in contrasto con l’ottimismo un po’ bietolone degli anni precedenti. Le donne magari si lamentano, ma parlano fra loro, si raccontano, fanno rete (il che è un grande sfogo contro la depressione) e nel Nordest sono abituate da sempre a lavorare, anche in campo culturale. Si sono rimboccate le maniche: studiano molto, hanno risultati e borse di studio eccellenti, vanno all’estero senza un momento di esitazione; e ci sono molte start-ups nelle nostre regioni, che sono composte da giovani donne e uomini giovani, su un piano sostanzialmente di raggiunta parità.
Partiamo da Nordest e allarghiamoci a tutta l’Italia: perché siamo ancora così in ritardo su un tema centrale come quello della parità di genere?
Ma siamo davvero tanto “in ritardo”? Oppure è prima di tutto nella mente femminile che deve avvenire quel “salto”, quel progresso verso una vera coscienza di sé che porti ogni donna a non pensare neppure a una presunta inferiorità; a coltivare le sue qualità personali e a conoscere i propri difetti (non come donna, ma come individuo senziente), in modo da accettarsi davvero e sapersi migliorare. E, se del caso, a combattere, ma senza abbassarsi a meschine gelosie e ripicche verso altre donne, nel lavoro o in carriera. Non vedo ancora molte donne (né scrittrici, ovviamente…) che sappiano accettare critiche senza impermalirsi e rimuginarci sopra, né che sappiano maneggiare quegli strumenti indispensabili che sono l’ironia e l’autoironia.
E naturalmente la mente maschile, quando è necessario, deve venire “persuasa” a capire che – cedendo – vivrà molto meglio… Non sono molto d’accordo invece sulla richiesta di “nuove” leggi per “nuovi” reati (dopo gli entusiasmi iniziali, vedo nuova burocrazia farraginosa, nuovo lavoro per l’Ufficio Complicazione Cose Semplici), ma insisto con fermezza sull’applicazione delle leggi esistenti, con velocità e severità.
Personalmente ho letto Io sono il Nordest come un libro positivo, ricco di speranza anche quando affronta temi molto duri. Qual è la sua speranza per il nostro territorio e per le donne che ci vivono combattendo molte battaglie quotidiane?
Una grande speranza, come dicevo anche prima. Leggendo l’intera raccolta, emergono come riquadri di un tessuto multicolore le storie di tante donne, raccontate con vigore e precisione, senza sentimentalismi e sbavature romantiche. Ma il risultato che ne esce ha il colore della speranza. Le donne del Nordest sono temprate da secoli di duro lavoro e capaci di infinite abilità, che – ne sono convinta, basta parlare con le più giovani – oggi hanno cominciato a mettere al servizio di idee e progetti che stanno imparando a condividere con il mondo maschile, da una posizione non più di subalternità ma di collaborazione fra eguali. Una strada a volte assai difficile, certo, ma senza ritorno, al termine della quale uomini e donne ritrovano quella complementarietà che li esalta.
Qual è il racconto che l’ha colpita di più e perché
Una domanda a cui non voglio rispondere, ne va della mia incolumità… (scherzo). In realtà non posso rispondere, perché per un motivo o per l’altro i racconti mi sono piaciuti tutti, sono ben costruiti e disinvolti nella scrittura, suonano giusti. Qualcuno rispetta le regole della short story classica, altri sembrano più dei memoirs autobiografici, ma raggiungono il lettore e – grazie anche all’abilità della curatrice – si armonizzano fra loro molto bene.