Cop21, i grandi della Terra tentano di rimediare ai loro errori in una Parigi blindata in cui non sono mancati i disordini e le proteste violente.
I capi di stato dei più importanti paesi del mondo sono riuniti in questi giorni Parigi per il Cop21 con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale di 2 gradi rispetto ai livelli dell’era pre-industriale.
Non si tratta di una sfida facile vista la portata degli interessi in ballo, ma d’altro canto è un obiettivo che non possiamo più permetterci il lusso di rimandare.
L’intera comunità scientifica è infatti concorde nel ritenere che se si superasse questo limite il nostro pianeta andrebbe incontro a un caos climatico dai risvolti catastrofici.
E visto che di pianeta ne abbiamo soltanto uno forse sarebbe il caso di iniziare a comportarci tutti in maniera migliore, dato che continuano a susseguirsi notizie di catastrofi ambientali terrificanti, catastrofi che purtroppo comportano danni irreversibili per l’ecosistema.
Partecipano alla conferenza 150 leader mondiali, ed è importante sottolineare che prima dell’inizio del Cop21 ben 183 Paesi hanno preso impegni formali per ridurre in maniera sensibili le emissioni a effetto serra.
150 capi di stato in una Parigi blindata.
Dopo gli attentati terroristici del 13 novembre la città di Parigi è stata letteralmente blindata dalle forze dell’ordine, anche se non sono mancati i disordini e le proteste violente come abbiamo avuto modo di vedere.
Non sono mancate finora anche le tensioni politiche, dato che se i Paesi come gli Stati Uniti, che sono stati i grandi protagonisti dell’inquinamento e delle emissioni nel secolo scorso, si sono impegnati formalmente a ridurre il loro impatto ambientale, Paesi in via di sviluppo come Cina e India hanno invece rivendicato il loro diritto ad utilizzare ad esempio il carbone come elemento necessario alla loro crescita economica.
Da un lato dunque i vecchi inquinatori, che hanno capito il danno arrecato all’ambiente e vogliono provare a rimediare, dall’altro i nuovi protagonisti dell’economia mondiale che guardano con insofferenza a queste nuove limitazioni, anche se sappiamo come la Cina ad esempio viva una condizione drammatica di inquinamento del suo territorio.
Le parole di Barak Obama sono state estremamente chiare: “Sono venuto di persona come rappresentante della prima economia mondiale e del secondo inquinatore per dire che noi, Stati Uniti, non solo riconosciamo il nostro ruolo nell’aver creato il problema ma che ci assumiamo anche la responsabilità di fare qualcosa in proposito. Possiamo cambiare il futuro qui e adesso. Bisogna agire ora, mettendo da parte gli interessi di breve termine. Siamo l’ultima generazione a poter salvare il pianeta”.
Anche il premier italiano Matteo Renzi ha partecipato al Cop21 rivendicando quanto fatto dal nostro paese in questi anni per la riduzione delle emissioni: “Il nostro Paese ha ridotto le emissioni del 23% dal 1990, ha un piano di investimenti per quattro miliardi di dollari da qui al 2020, le nostre aziende sono in prima fila, da Eni a Enel. L’Italia ha molto da dire e da fare in questo settore. Non sarà facile arrivare a un accordo ma è una condizione fondamentale. L’accordo va trovato”.