Intervista allo chef Paolo Sari

La settimana scorsa vi abbiamo parlato di Paolo Sari, executive chef del MonteCarlo Beach Resort. Sari infatti è diventato il primo chef al mondo ad ottenere una stella Michelin per un ristorante interamente biologico, l’Elsa di Montecarlo (qui la notizia completa).

Anche se non l’Elsa non è un ristorante vegetariano, filosofia che come ben sapete è alla base di Greenpink, abbiamo deciso di intervistarlo perché crediamo che l’approggio biologico e a km zero dello chef trevigiano sia molto importante per il mondo della ristorazione.

 

Intervitsta a Paolo Sari

Quando ha capito che la cucina sarebbe diventata la sua vita?

Quando ho visto nella faccia dei miei primi clienti estasi, passione, piena soddisfazione nell’assaggiare le mie creazioni culinarie. Quando ho visto che la mia cucina rendeva felici le persone e che il mio modo di vedere la gastronomia cambiava i passati culinari anacronistici di un ristorante, di un hotel, di un’intera città.

Qual è stata l’esperienza più divertente che le è capitata all’interno di una cucina?

Potrei dire essere insignito di una stella Michelin senza mai pensarci e vedere chi ha esasperato la propria professione alla ricerca di questo ambito riconoscimeto, restare a mani vuote. A me ha divertito molto. Poi nella quotidianità ci sono sempre motivi di assistere a degli episodi divertenti, tipo una piccola stagista capace di preparare dei soufflè meravigliosamente imponenti al confronto di quelli di pasticceri pretenziosi; omaccioni rimanere piegati sotto il peso di sola mezza giornata di lavoro e piccoli commis instancabili far fare due giri all’orologio. In sintesi? La cucina è passione ed è una questione di cuore, anima e carattere. Una chiccca divertente su tutte? La faccia dello scultore della mia brigata in Corea quando gli ho detto che doveva preparare 200 torri Eiffel in ghiaccio per il servizio del sorbetto al ricevimento della festa Nazionale Francese.

Lei ha raggiunto l’importante traguardo di essere il primo chef stellato al mondo per un ristorante con cucina biologica al 100%, come avete festeggiato questo importante traguardo?

Appena appresa la notizia abbiamo stappato una bella bottiglia di Champagne biologico. Poi… é stata una settimana intera di festeggiamenti e di riflessioni, in primis telefonando a mia moglie per ringraziarla e dirle che tutto il tempo portatole via e passato in cucina non è stato vano. Festeggiamenti con i colleghi, con la brigata artefice dell’impresa, con gli amici.

Cosa rappresenta per lei il concetto di biologico?

Ritorno al futuro, alla semplicità, alla sincerità, in cucina e prima ancora negli approvigionamenti. Tuttavia non si può decidere di fare del biologico per partito preso, o si ha un’indole biologica in sintonia con la natura, il rispetto delle coltivazioni senza compromesso alcuno o non si arriverà mai a sviluppare un piatto veramente biologico.

Avete fatto una scelta ben precisa, selezionando i vostri fonitori tra un gruppo di aziende ad un massimo di 100 km dal Principato di Monaco: quanto è importante per lei l’espressione di un territorio nelle sue scelte in cucina?

In primis io ho sempre ommaggiato i territori che mi hanno ospitato negli ultimi 20 anni della mia carriera, in tre continenti e 10 nazioni differenti. Ho esaltato i loro prodotti e fatto attenzione alla loro storia culinaria. Detto ciò qui a Monaco ho voluto segnare un punto di rottura con la globalizzazione alimentare degli ultimi 20 anni, globalizzazione che ha portato ad eliminare la qualità delle materie prime ed a uccidere economicamente gli artigiani della terra e del mare. In Costa Azzura, andando un po’ a sinistra, verso la Provenza ed un po’ a destra verso la Liguria ed il Piemonte si arriva ad avere tutto quello che è necessario. Ho eliminato tutti gli intermediari, acquisto il pesce direttamente dai pescatori o dalle cooperative, le mie bottarghe sono fatte direttamente dai pescatori. Ho selezionato e costruito una rete di 15 produttori di frutta e verdura, piccoli paesani che producono prodotti ben specifici, medi produttori capaci di garantire una gamma più ampia. Tutto viene raccolto e consegnato nelle mie cucine in un arco di tempo massimo di 18 ore. Le carni arrivano direttamente dagli allevamenti. Oltre a garantire la massima qualità ai miei clienti, reinvesto e sviluppo l’economia locale e creo occupazione.

Lei ha lavorato in tutto il mondo, ha notato una diversa sensibilità nei vari paesi e nelle varie cucine per una tematica importante come quella biologico?

Il mondo è pieno di contraddizioni, paesi con 100.00 anni di storia come la Cina, sono i meno attenti e sfruttano lo sfruttabile solo per fini economici anche a scapito della salute. Culture relativamente giovani ma molto più dinamiche come gli Stati Uniti o il Giappone hanno invece un’atteggiamento attento alle tematiche ambientali ed alimentari. Molti altri paesi seguono le correnti ma ancora per fini di tendenza o economici. La medaglia d’oro alla Corea, grandi prodotti, grande cultura e soprattutto grande attenzione da parte degli operatori e degli organi preposti a preservare, proteggere e promuovere gli ingredienti.

Cosa ne pensa della spettacolarizzazione della figura dello Chef a cui stiamo assistendo negli ultimi anni?

Per quanto poco o niente ho seguito la spettacolarizzazione della mia professione, credo che siamo in fase ampiamente calante. Nei paesi trand, stati Uniti e Australia tutto è finito da un pezzo. In Italia, causa di format scopiazzati e obsoleti tutto finirà presto in una bolla di sapone. Regge bene ancora in Francia, perché fatto con maggiore professionalità, senza volgarità, senza esasperazioni ma presentando ancora in primo piano l’entusiasmo della cucina e non del personaggio.

Lei utilizza sempre frutta e verdura di stagione: ci consiglia un piatto da preparare in questo periodo?

Vellutata tiepida dei primi pisellini della Riviera, Colori del giardino, foglie di perilla amaranta, fiori di zucca e mimosa.

Grazie mille chef, in bocca al lupo per il suo lavoro!

 

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