Shell, addio piattaforme petrolifere nel Mare del Nord. A partire dal 2017 inizieranno le operazioni di smantellamento.
La Shell rinuncia definitivamente alle piattaforme petrolifere nel Mare del Nord. A partire dall’anno prossimo infatti inizieranno le operazioni di smantellamento delle vecchie piattaforme a 115 miglia a nordest delle isole Shetland. Le operazioni inizieranno a maggio 2017 con la dismissione della piattaforma Brent Delta che passerà alla storia come una delle prime operazioni di smantellamento su larga scala di una piattaforma nel mare del Nord. A seguire poi partiranno i lavori sulle altre piattaforme, ovvero Alpha, Bravo e Charlie.
Come è facile immaginare infatti dismettere una piattaforma petrolifera non è un’operazione semplice e va pianificata con molta calma. Andrà costruita infatti una nave specializzata in grado di trasportare tutto il materiale della piattaforma (25mila tonnellate) fino al porto di Hartlepool. Soltanto una volta a destinazione le piattaforme verranno completamente smantellate e, per fortuna, interamente riciclate.
Un problema ambientale
L’operazione messa in cantiere dalla Shell presenta comunque molto problemi dato che resteranno in mare i piloni che sorreggono la piattaforma oltre alle 64 celle di stoccaggio alla base delle strutture, senza parlare del numero non ufficialmente dichiarato di tubazioni (più di 100 km) e dei detriti creati dalle operazioni di perforazione. Un danno ambientale di dimensioni enormi dato che stiamo parlato di quattro gambe in calcestruzzo alte circa 165 metri, per 18 metri di diametro e si innalzano fino a 25 metri sul livello del mare. Alla base si trovano 64 serbatoi di stoccaggio di cemento rinforzato in acciaio dello spessore di quasi un metro che misurano 20 metri di diametro e 60 metri di altezza (più alte della colonna di Nelson a Trafalgar Square) con una capacità di quattro piscine olimpioniche messe assieme.
La compagnia ha assicurato che faranno di tutto per ridurre al minimo l’impatto ambientale di tutta l’operazione tanto che la Shell ha dovuto chiedere una consulenza addirittura alla NASA per gestire l’operazione. Soltanto i piloni di cemento per distruggersi impiegheranno tra i 150 e i 300 anni, mentre la parte superiore della piattaforma si distruggerà in più di 500 anni, mentre le 64 celle di stoccaggio potrebbero richiedere fino a 1.000 anni.