Domenica sera Report ha mandato in onda l’inchiesta “Siamo tutti oche” in cui veniva mostrato in maniera nuda e cruda lo sfruttamento degli animali in Ungheria per la produzione del piumino d’oca. Sotto accusa Moncler, il noto marchio di piumini leader a livello mondiale.
E dopo il servizio shock sulle condizioni terribili a cui sono sottoposte le oche negli allevamenti dell’este Europa il titolo Moncler è crollato in borsa con un -4,88%. Pronta la risposta dell’azienda guidata da Remo Ruffini: «tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo Edfa e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi di tutela degli animali, come riportato dal codice etico di Moncler. [I nostri fornitori] sono ad oggi in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste quindi alcun legame con le immagini forti mandate in onda e riferite ad allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler».
La Moncler infine ha concluso dicendo che «le cifre menzionate nel servizio del tutto inattendibili e fuorvianti» e «che non ha mai spostato la produzione come afferma il servizio, visto che da sempre produce in Est Europa».
Naturalmente Report ha subito replicato, con una nota di Milena Gabanelli: «la società ha deciso di non confrontarsi con Report e alla domanda per iscritto se fosse dotato di qualche certificazione non ha risposto. Come è visibile dall’etichetta, non sono dotati di alcuna filiera tracciata contro la spiumatura da vivo, come invece fanno altri marchi. Per quanto riguarda i ricarichi si evince dai fatturati e dai costi della materia prima e di confezione che Moncler potrebbe produrre comunque in Italia, tanto più quando è entrato il fondo Carlyle, invece ha preferito chiudere i laboratori nel Sud Italia. Se vuole portarci in tribunale, lo faccia: non lo temiamo, noi produrremo le nostre di prove».
Al di là delle polemiche sul costo e sulla qualità dei prodotti il caso Moncler dimostra chiaramente come ormai le aziende non possano più permettersi atteggiamenti eticamente scorretti. L’opinione pubblica e il mercato sentono sempre più forte l’esigenza di gruppi e di aziende che si comportino eticamente, comportamenti di questo tipo non sono più accettabili e per questo le persone si sentono in dovere di punire commercialmente chi mente ai suoi clienti.