La rivoluzione della ciotola cani e gatti, boom vegetariano, l’articolo di Paolo Crecchi su Il Secolo XIX.
[…] Il mercato italiano del pet food è il terzo d’Europa, dopo Francia e Germania, e nel 2014 ha fatto registrare un volume d’affari di un miliardo e 830 milioni. Migliore performance, in termini ovviamente relativi, quella dell’unico brand italiano specializzato in cibo vegetariano, Amì di Padova. Più trenta per cento. Correre ai ripari, per i quattro big, è stato inevitabile.
«Abbiamo precorso i tempi», si compiace il titolare dell’azienda che si chiama Emanuele Boccardo, è nato a Torino ma onora la progenie del patriota genovese Gerolamo: «Quindici anni fa ci ridevano in faccia. I gatti sono carnivori! I cani hanno bisogno di rosicchiare l’osso di bue! Mistificazioni. Nelle crocchette tradizionali mettono manzo, cavallo, trota… Avete mai visto un gatto squartare un vitello? O andare a pesca, magari con la mosca?»
Dieci dipendenti, fatturato di un paio di milioni, stabilimento a Vicenza e magazzini a Verona, Amì ha il quartier generale a Padova ma esporta in tutto il mondo. Ultimi clienti, gli islandesi. Mercato privilegiato, Italia e Germania. La grande distribuzione ha fiutato il business e si è fatta sotto, nelle prossime settimane dovrebbe essere firmato il primo contratto importante.
Silvia Mazzari, vegetariana militante, responsabile marketing: «Il segreto è stato puntare su etica e salute, due temi che stanno moltissimo a cuore ai consumatori. Come può un amico degli animali dar da mangiare al proprio gatto, o al proprio cane, un altro animale? E siamo sicuri che facciano bene gli scarti degli scarti degli scarti? Perché la taurina è nel muscolo e il muscolo è un taglio di carne destinato al consumo umano… nelle crocchette mettono i cascami, la pelle, le cartilagini. Più gli additivi e tutte le schifezze degli allevamenti intensivi». […]